venerdì 13 maggio 2011

Assignment 3: Coltivare le connessioni

Ammetto di essere stata un po' intimorita da questo assignment, non tanto per le 60 pagine da leggere (una mole esigua in confronto ai mattoni che siamo abituati a studiare per l'università) ma per la paura di non riuscire a tirare fuori niente di buono e di buttare giù poche righe banali e noiose. E' una sensazione assimilabile all'ansia pre-tema in classe, che penso molti di voi abbiano provato appena una volta. Per questo ho deciso di aspettare un po' (quasi due mesi!) prima di confrontarmi a tu per tu col temuto pdf che faceva capolino dal desktop e che ho avuto sotto gli occhi per un bel po' di tempo. Ma adesso il semestre sta volgendo a termine, lo stress degli esami inizia a farsi sentire ed è arrivato il momento riflettere un po' su cosa significa essere parte di una comunità (virtuale come la nostra blogoclasse, e non solo).

Leggendo pagina per pagina, il primo pensiero che ho avuto riguarda la definizione di rete e di organizzazione: la prima è un'"entità" senza ordine né gerarchia, che cresce spontaneamente e in modo caotico; la seconda invece è un sistema gerarchico e ordinato, in cui ciascuno ha un ruolo ben preciso. Pensando ai concetti di rete e organizzazione (apparentemente molto diversi) mi è venuto subito in mente il corpo umano e la sua complessità ultrastrutturale. Ragionandoci un attimo mi sono chiesta se assomigliasse più all'una o all'altra definizione. Si tratta senza dubbio di un'organizzazione perfettamente efficiente, in cui la gerarchia è dettata dall'attività delle cellule, dalle funzioni dei vari tessuti, dalle diverse azioni degli organi. Ma esiste un "pezzo" della nostra "macchina" che ha un ruolo più importante degli altri? Credo che la risposta sia no. Nel nostro organismo vige un rapporto di dipendenza reciproca delle varie strutture che lo compongono, concetto che ritroviamo anche nell'idea di "rete": gli apparati e i sistemi sono "nodi" distinti che concorrono a scopi diversi ma ugualmente importanti; gli organi che li costituiscono cooperano tra di loro per garantire la funzionalità della rete di cui fanno parte; i tessuti, si sostengono meccanicamente a vicenda, sono in grado di rimodellarsi, di rinnovarsi, possono espandersi in maniera incontrollata oppure degenerare, insomma sono altamente dinamici! E infine le cellule, svolgono le attività più varie: nascono, si spostano, proliferano, si nutrono, muoiono, possono addirittura "suicidarsi" se le condizioni sono avverse, ma sorpratutto COMUNICANO. Si scambiano continuamente informazioni, si influenzano reciprocamente tramite sostanze particolari e sono in grado di elaborare risposte adeguate. L'ho immaginato subito come uno specchio della società in cui viviamo e con la quale abbiamo a che fare ogni giorno: siamo tanti piccoli nodi di una rete sconfinata, in continua mutazione ed evoluzione. Pensare in questi termini mi fa girare un po' la testa, è un po' come immaginarsi la vastità dell'universo o l'infinitamente piccolo delle particelle subatomiche, anch'esse minuscoli nodi all'interno di altri nodi, in una successione che si propaga senza sosta. Ma dopo tutti questi ragionamente molto "scientifici" è necessario tenere a mente una cosa, espressa anche da Leopardi nello "Zibaldone": una rete è più della somma delle sue parti! Basta pensare alla vita come rete di macromolecole o alla mente come rete di neuroni, due concetti che vanno al di là della semplice associazione dei singoli elementi che li costituiscono. Questa premessa fa traballare anche l'approccio riduzionista, secondo il quale sarebbe possibile scomporre un sistema nelle sue parti e dedurre il comportamento dell’insieme a partire da quello delle singole componenti. Dall'altra parte sta la concezione olistica, per la quale sento una propensione maggiore, in particolare per la sua applicazione in campo medico. Credo sia impossibile non appoggiare la concezione di salute dell'individuo non come semplice assenza di malattia ma come benessere globale di corpo, mente, società e ambiente. Una definizione simile, se non uguale, è perfino riportata nella costituzione dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Sono ben lontana dall'essere un medico, ma credo sia importante indagare anche le cause psicologiche della malattia, oltre all'eseguire esami e test vari. Come ci hanno ribadito più volte nel corso di Scienze Umane del I semestre, il paziente non è solo una serie di sintomi, è una persona, e va trattata come tale.

Proseguendo nella lettura, sono incappata in una frase vera quanto agghiacciante: "Una cosa viva si distrugge allorché non la si capisce più e non si è più in grado di parlarle.". E' proprio vero, ciò che non conosciamo lo uccidiamo senza accorgercene. Basterebbe prestare ascolto a ciò che hanno da dire tutte le cose vive con cui entriamo a contatto abitualmente, soffermarsi più spesso a osservare e capire la realtà che ci circonda ed empatizzare con entità vive, proprio come fa il mezzadro col suo podere e i suoi animali. Questo significa già "coltivare le connessioni", che non sono necessariamente quelle del computer o di Facebook. Perfino le comunità presenti su internet nascono, si trasformano, muoiono: sono umane e sono vive (da qui il nome "living network"), e dobbiamo prenderci cura di loro. Purtroppo oggigiorno la scuola non ci insegna più come relazionarsi con le persone, come capire le necessità degli altri "nodi" viventi come noi e come prendersi cura di essi. L'istruzione ormai è finalizzata a prepararci al mondo del lavoro, non alla vita che ci aspetta al di fuori delle mura dell'aula o di casa nostra. Sarebbe bello incontrare nel proprio percorso scolastico almeno un maestro come Don Milani, qualcuno che abbia a cuore le persone e che ci insegni ad avere a che fare con le "cose vive", come il mezzadro che si prende cura del podere e degli animali ed instaura con essi un dialogo, senza mai perdere di vista l'insieme (quest'ultima cosa mi fa tornare in mente il medico olistico e il paziente nella sua interezza fisica-psichica-spirituale).


Il professore scrive, dopo la metafora del mezzadro e quella del maestro:
"Il vero maestro si disinteressa della quantità ma solo della qualità, perché la quantità sarà affare del giovane ma è sulla ricerca della qualità che il maestro può essere utile. Raro. Rarissimo a scuola. La rarità rende ancor più fulgide le eccezioni che fortunatamente esistono. Se avete avuto la fortuna di trovare un maestro sul vostro cammino, ebbene ripensate a quell’esperienza."
Beh, posso ritenermi sfortunata da un punto di vista scolastico perché non ho mai incontrato un maestro di vita tra le mura di una scuola o del mio ex liceo, e invidio molto chi ha avuto questa grande ricchezza. Ma anche se esula un po' dal mondo dell'istruzione, posso dire di aver trovato un grande esempio e una persona da stimare nel mio maestro di pianoforte. Mi ha insegnato a non fermarmi mai allo studio puramente tecnico, ma a provare a trasmettere qualcosa a chi ascolta. Per ogni nuovo pezzo che imparavo, lui mi raccontava la vita del compositore che lo ha scritto, in che periodo storico viveva, di che corrente musicale faceva parte, e insieme ci immaginavamo quale fosse il suo stato d'animo, se era innamorato, infelice, malinconico, se il pezzo gli era stato commissionato dall'imperatore, se era dedicato a una fanciulla o se lo aveva composto semplicemente per se stesso. In pratica, per suonare bene un brano è indispensabile conoscere chi lo ha scritto. E non si trattava di studiare a memoria una biografia (come capita a scuola), ma di entrare nel vivo di un'epoca storica, di mettersi nei panni del compositore, di entrare nella sua mente e nel suo cuore. Ogni brano che suonavo aveva una storia diversa, e ogni racconto stimolava la mia immaginazione e la mia creatività, come se Bach o Beethoven fossero lì a parlarmi e ad ascoltarmi.

Ma torniamo alle nostre connessioni: internet è una grande risorsa, così vasta che è facile perdersi. E allora come fare a tirarne fuori il meglio? Ho trovato davvero bella la metafora del bosco: per conoscerlo non c'è bisogno di un manuale, non è necessario imparare tutti i sentieri, tutti gli alberi e tutti i cespugli che vi si trovano. Per conoscere il bosco basta godersi una passeggiata. Quindi ne traggo le mie personali conclusioni: per conoscere qualcosa basta viverla. Solo l'esperienza ci dà la consapevolezza del mondo che ci circonda, ed è una consapevolezza personale, che non troverete in nessun libro e in nessun manuale. Quindi per imparare a stare online dobbiamo trasformare le nostre connessioni in un PLE (Personal Learning Environment), ovvero in un ambiente in cui si vive un'esperienza di apprendimento. Infatti il web ci offre infinite opportunità per arricchire la nostra persona, e ci consente anche di essere protagonisti del nostro apprendimento scegliendo ciò che ci piace e personalizzando le nostre conoscenze (ben lungi dall'istruzione scolastica). Inoltre la conoscenza che ci offre la rete è alla portata di tutti, e tutti possono contribuire a produrla. Perfino Leopardi aveva un ricchissimo PLE (non un computer ovviamente, ma una grande biblioteca!) e questo ha fatto di lui non solo un uomo colto e un grande poeta, ma anche una persona viva, protagonista della sua vita e unica al mondo. Infatti, citando il professore, "Colui che apprende è un uomo che coltiva con amore e pazienza il proprio giardino delle connessioni.". E, aggiungerei, il blog che ci ha spinto a creare e a "curare" è un ottimo mezzo per creare e coltivare connessioni con persone vicine o lontane, con gusti affini o interessi diversi, con cui condividere esperienze, racconti, sorrisi. :)

venerdì 22 aprile 2011

Telefilm medici: risultati del sondaggio

Ecco i risultati del sondaggio "Qual è il tuo telefilm medico preferito?":
Devo dire che mi aspettavo una vittoria schiacciante di Dr. House, e a seguire Grey's Anatomy (in genere più amato da noi donne) e Scrubs più o meno a parimerito. Questo risultato mi fa pensare a due cose.
1) L'ultima serie di Dr. House è tremenda, e ha influenzato negativamente i votanti (più che comprensibile, direi)
2) Forse tra la grande quantità di telefilm a sfondo medico, spesso drammatici o addirittura splatter, la gente preferisce in realtà un approccio più umoristico. In particolare noi, futuri "addetti ai lavori".
Cosa ne pensate? Chi ha partecipato al sondaggio può esprimere liberamente i motivi della sua scelta, se vuole :)

lunedì 18 aprile 2011

Limitless, la droga dei geni

Prendo spunto per questo post da un film appena uscito, che ho visto sabato sera al cinema e che mi ha colpito molto: Limitless. Ne avrete sicuramente sentito parlare, è stato molto pubblicizzato negli ultimi tempi, e non è certamente uno di quelli che passano inosservati o finiscono nel dimenticatoio. Non vorrei rivelarne la trama perché potrebbe dar fastidio a chi non l'ha ancora visto, quindi dirò giusto due parole.

Limitless è la storia di uno sfortunato scrittore newyorkese, Eddie Morra (interpretato da Bradley Cooper), che da totale perdente si trasforma in un guru della finanza. La svolta radicale nella sua vita avviene per merito di un nuovo farmaco sperimentale miracoloso, l'NZT, offertogli da un vecchio amico incontrato per caso. "Sai quella storia che usiamo il 20% del nostro cervello? Questa ti permette di usarlo tutto" dice l'amico, porgendogli la pillola trasparente. Eddie non ha più niente da perdere, e decide di provare. Assunto l'NZT per la prima volta ottiene degli effetti sorprendenti. "Prima ero cieco, ora vedevo", con questa frase Eddie rende bene l'idea della metamorfosi che ha subito: riesce a ricordare ogni singolo particolare visto, letto o anche solo sbirciato nell’intera sua vita, a fare ragionamenti esagerati e ad avere intuizioni eccellenti. Eddie diventa schiavo della medicina, che gli fa avere un'apparentemente inarrestabile ascesa: scrive il suo nuovo libro in soli quattro giorni, riconquista la sua ex fiamma, riesce ad arricchirsi grazie a delle astute mosse finanziarie. Tuttavia, dovrà fare i conti con inquietanti effetti collaterali, così gravi da far domandare allo spettatore: "Ne sarà valsa la pena? Io avrei fatto lo stesso?".

In America Limitless è diventato un caso. A far parlare del film non è stato solo lo strepitoso, quanto inaspettato successo, ma anche e soprattutto le polemiche che ha provocato. Le associazioni per la tutela dei consumatori e delle famiglie hanno visto nel film uno spudorato e provocatorio inno alle droghe che non ha nulla a che vedere con la classica atmosfera di squallore che accompagna molti altri film sull’argomento, come Trainspotting. Di fatto il protagonista, se diventa bello, ricco e famoso è solo grazie all’NZT che gli garantisce una vita sempre in ascesa. Nella rappresentazione cinematografica, è palese la differenza con cui viene descritta la realtà prima dell’assunzione della pasticca, sporca e opaca, e quella lucente e patinata dell’assuefazione. Non solo: il farmaco è così portentoso da produrre effetti collaterali, addirittura mortali, solo se si smette di prenderlo.

Per quanto mi riguarda, l'ho trovato un bel film e lo consiglio. L'idea è originale, la trama ben sviluppata, gli attori ben scelti. Ma sopratutto viene affrontato un tema attuale, che mi ha fatto riflettere molto: quello della droga, che seppur in maniera meno teatrale, fa sempre parte della nostra realtà. Ho passato tutta la prima parte del film pensando "Che spettacolo, cosa darei per avere anch'io quelle pillole!", fino a ribaltare totalmente la mia opinione. Come dice Van Loop alla fine del film: Cosa ne pensate? Voi prendereste le pillole per rendervi "invicibili", o continuereste a vivere la vostra vita così com'è, facendo affidamento solo sulle vostre forze? Pensate che un giorno potrebbero produrre un nuovo farmaco dagli effetti simili all'NZT? Che impatto avrebbe sulla società? Sono domande che ancora mi pongo, e per le quali non ho una risposta. Sicuramente la scienza sta facendo passi da gigante, e non possiamo escludere a priori l'idea che qualche scienziato scopra nuovi principi attivi in grado sovrastimolare le sinapsi neuronali per "aprire" letteralmente la mente. Personalmente non me ne intendo, ma credo che come meccanismo fisiologico non sia neanche troppo lontano da certi tipi di droghe già esistenti, che non hanno solo l'effetto di "sballare", ma di migliorare la concentrazione e l'attenzione. Sarebbe bello indagare più a fondo, quindi invito chiunque ne sappia di più (io sono molto ignorante in questo campo, lo ammetto!) a spiegarci come funziona e a correggermi se ho scritto qualche cavolata :)

domenica 17 aprile 2011

Assignment 6: PubMed

Siamo giunti all'assignment numero 6, a mio parere il più interessante e utile nella pratica per noi futuri medici. Finalmente scendiamo nel campo della ricerca, pronti a destreggiarsi nel grande oceano della letteratura scientifica. Per non annegare tra i milioni di pubblicazioni, ed arrivare più o meno velocemente a ciò che ci serve, abbiamo bisogno di un archivio con un motore di ricerca, che nel nostro caso è PubMed. Piccola informazione di servizio per chi non è ancora pratico: PubMed ha un URL impossibile da ricordare (mi verrebbe da aggiungere: meno male che il prof ci ha mostrato le magiche potenzialità di Delicious! - vedi Assigment n°4), ma vi svelo un trucco: digitando semplicemente http://www.pubmed.com/ nella barra degli indirizzi verrete reindirizzati automaticamente sul sito. Ciò deriva ovviamente da un mio errore di ingenuità, che mi ha portata a pensare "Un motore di ricerca così famoso e utilizzato avrà sicuramente un URL semplice e immediato!". Ma torniamo a noi. PubMed è un database contenente circa 18 milioni di riferimenti bibliografici di tipo biomedico, tra cui clinical trials, reviews, articoli di ogni genere tratti da periodici di natura scientifica. A questo punto è bene aggiungere una nota per i più scettici (com'ero io prima di essere "illuminata" dal post del professore sulla letteratura scientifica). Forse vi chiederete: cosa rende così valido e sicuro questo sito internet, rispetto ad altri? Chi ci garantisce che le risorse a cui attingiamo dall'archivio di PubMed siano attendibili e non contraddittorie tra loro? Parliamoci chiaro, quando ci troveremo in procinto di scrivere la nostra tesi di laurea vorremo essere sicuri al 100% di riportare dati corretti! La risposta ai nostri dubbi più che legittimi c'è, ed è il peer-reviewing. Questa è la definizione che ci fornisce Wikipedia: "Nell'ambito della ricerca scientifica, peer review indica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l'idoneità alla pubblicazione su riviste specializzate o, nel caso dei progetti, al finanziamento." Questo dovrebbe bastare a tranquillizzarci, ma purtroppo è un meccanismo che ha dei limiti da considerare. Primo tra tutti il tempo impiegato nella revisione (mesi, o addirittura anni!) prima di poter divulgare un articolo, correndo il rischio di rallentare troppo la diffusione dell'informazione scientifica, che invece dovrebbe essere tempestiva. Ma entriamo nel vivo della questione: impariamo ad usare PubMed. Vorrei essere in grado di scrivere un bel tutorial esaustivo come fa il professore, ma mi rendo conto di avere ancora molto da imparare in questo campo. E tutti sappiamo che il miglior modo per apprendere è provare, sperimentare, sbagliare, riprovare. Quindi con questo poche righe non ho la pretesa di insegnare a qualcuno ad utilizzare questo sito, anzi, invito chiunque abbia idee, suggerimenti, trucchi per destreggiarsi al meglio nella ricerca, a farmelo presente così da arricchire sempre di più questo post e a trovare insieme il modo più semplice ed efficace per cercare ciò di cui abbiamo bisogno. Pronti? Cominciamo! Allora, apro PubMed e mi trovo davanti la schermata iniziale. La prima cosa che balza all'occhio è: cavolo, ma è in inglese! Beh, c'era da aspettarselo. Fortunatamente l'inglese scientifico non è così complicato, e molte parole sono simili a quelle italiane. In ogni caso, mentre fisso la barra che lampeggia sulla stringa di ricerca in alto, mi domando: "Cosa potrei cercare?". Ho un lampo di genio: ieri, mentre studiavo istologia, ho letto con molto interesse il capitolo sui melanociti e mi è tornato in mente ciò che disse il professore a lezione sulla facilità con cui questo tipo di cellule subiscono mutazioni del DNA dopo l'esposizione ai raggi UV, danno origine a cellule tumorali e metastatizzano perché in grado di muoversi liberamente ed entrare nel circolo sanguigno. Provo subito a scrivere "melanocytes" nella stringa, clicco su search e... mi ritrovo con 11424 risultati! Decisamente troppi per essere sfogliati uno per uno, ma è stata colpa mia: ho usato criteri di ricerca troppo generici. Cosa fare adesso? Sul lato destro della pagina trovo un suggerimento che mi dice:
Decido di dargli retta, e clicco su "skin melanocytes" (giusta puntualizzazione, visto che si tratta di una linea cellulare ubiquitaria, ovvero si trovano negli epiteli di rivestimento con maggior concentrazione nell'epidermide). Sorpresa: i risultati sono quasi dimezzati: siamo a quota 6023! Ma si può fare di meglio: in alto, sopra la barra di ricerca, è presente un link cliccabile: "Limits". Aprendo quella pagina vediamo subito che è possibile mettere dei paletti alla mia ricerca altrimenti sconfinata. Come criteri di ricerca seleziono:
- Published in the last: 1 year

- Type of article: clinical trial, editorial, review

- Languages: english

- Species: human

- Subsets: cancer.

Clicco search, e finalmente ce l'ho fatta: 20 risultati, un numero decisamente abbordabile per la mia prima ricerca! Sfogliandone alcuni, vedo subito che la maggior parte parla appunto di melanomi e di radiazione ultravioletta, proprio ciò che stavo cercando :)

Non c'è che dire, PubMed è veramente un sito utilissimo e consiglio a tutti di farci un salto e provare a cercare tutto quello che vi passa per la testa. Per chi è già navigato: cosa avete cercato? Quanti risultati avete trovato? La ricerca ha dato buoni frutti?

domenica 10 aprile 2011

Premio IgNobel: il lato esilarante della scienza!

Curiosando qua e là per il web, ho trovato una cosa simpatica che mi piacerebbe condividere con voi. Tutti noi conosciamo il prestigiosissimo Premio Nobel, onoreficenza di livello mondiale attribuita annualmente a persone che si sono distinte dei diversi campi dello scibile (pace, letteratura, medicina, fisica, chimica, economia). Ma sapevate che esiste una parodia goliardica, chiamata Ignobel (in inglese si legge come "ignoble", cioè ignobile), che premia le ricerche più buffe e fantasiose con tanto di cerimonia all'università di Harvard? Leggete un po' di cosa si tratta :) in fondo ho riportato i premi Ignobel per la medicina assegnati ai più "meritevoli". Buon divertimento!

"Last, but not least, there are the Ig Nobel awards. These come with little cash, but much cachet, and reward those research projects that 'first make people laugh, and then make them think'" — Nature

Il Premio Ig Nobel è una parodia del premio Nobel. Viene assegnato annualmente, prima o dopo l'annuncio dei vincitori del vero Premio Nobel, premiando dieci ricerche scientifiche di dubbia costruttività. Sponsorizzati dalla rivista scientifica-umoristica statunitense "Annals of Improbable Research", i premi Ig-Nobel sono presentati al pubblico come se fossero veri Premi Nobel, nel corso di una cerimonia di gala che si tiene all'Università di Harvard. La prima edizione dei premi Ig Nobel si tenne nel 1991. In quell'anno, ad eccezione di tre casi, tutti i premi vennero assegnati per ricerche realmente svolte. I premi hanno talvolta sollevato critiche - come nel caso dei due attribuiti alla ricerca sull'omeopatia - ma più spesso hanno attirano l'attenzione su articoli scientifici che contengono aspetti divertenti o poco seri.

In un caso (il solo, per adesso), un vincitore del premio per ricerche improbabili è stato anche insignito del Premio Nobel. Si tratta di Andrej Gejm, Nobel per la fisica 2010, premiato con l'Ig Nobel nel 2000, insieme a Sir Michael Berry, per la loro dimostrazione della rana volante, derivante dalle ricerche sulla levitazione diamagnetica.

Vincitori del permio IgNobel per la Medicina

1991: Alan Kligerman, inventore di Beano, per il suo lavoro sui liquidi che prevengono il meteorismo intestinale.

2001: Peter Barss della McGill University, Canada, per il suo importante rapporto medico riguardo alle "Ferite dovute alla caduta delle noci di cocco.

2002: Chris McManus della University College London, per la sua "Asimmetria dello scroto nella scultura antica".

2005: Gregg Miller (Usa) ha realizzato i neuticles, testicoli artificiali per cani castrati, in tre taglie e tre gradi di durezza.

2006: Francis M. Fesmire (Stati Uniti) e Majed Odeh, Harry Bassan, Arie Oliven (Israele), per il loro studio sulla terapia del singhiozzo intrattabile con il digitomassaggio rettale.

2007: Brian Witcombe di Gloucester (Regno Unito) e Dan Meyer (Usa) per uno studio sugli effetti collaterali di mangiare le spade.

2008: Dan Ariely (Duke University, USA), Rebecca Waber (MIT, USA), Baba Shiv (Stanford University, USA), e Ziv Carmon (INSEAD, Singapore), per aver dimostrato che il prezzo di un medicinale placebo è direttamente correlato alla sua efficacia percepita.

2009: Donald Unger di Thousands Oaks, California, per i sui studi sull'artrite durati 60 anni, condotti facendo scrocchiare le nocche della mano sinistra e senza mai usare la destra.

2010: Simon Rietveld (Università di Amsterdam, Paesi Bassi), Ilja van Beest (Università di Tilburg, Paesi Bassi), per aver dimostrato che i sintomi dell'asma possono essere curati con le montagne russe.


Fonte: Wikipedia

lunedì 4 aprile 2011

L'adattamento all'ipossia nelle cellule

Riporto questo articolo che ho trovato su MolecularLab (ormai sono un'assidua lettrice), che potrebbe essere utile a chi vuole approfondire il discorso fatto dalla prof. Chiarugi durante la lezione di Biochimica I del 30 marzo. Non si tratta propriamente di un argomento da esame, piuttosto direi un ex cursus riguardante la correlazione tra la condizione di ipossia (strettamente connessa alla lezione sull'emoglobina) e la formazione di neoplasie. A proposito di questo, ricordo a tutti i colleghi che durante la terza settimana di maggio (non sappiamo ancora il giorno), un docente terrà tre lezioni aperte anche a noi studenti del 1° anno proprio sul fattore HIF-1 e sulla fisiologia e il targeting tumorale. Per chi è interessato, è la professoressa ci darà altre informazioni più avanti. Intanto vi auguro buona lettura!


L'adattamento all'ipossia nelle cellule

Lo studio ha importanti ricadute per la comprensione della fisiologia dei tumori

Potrebbero avere importanti implicazioni per comprendere la fisiologia dei tumori due nuovi studi pubblicati sulla rivista “Cell Metabolism” che hanno avuto come oggetto il meccanismo con il quale le cellule si adattano alla condizione di scarsità di ossigeno. Tale meccanismo - si apprende dagli articoli - servirebbe a proteggere la cellula dalla produzione di radicali liberi che sarebbe fatale in condizioni di ipossia. Questa è la condizione che viene a crearsi quando la fornitura di ossigeno dal flusso sanguigno è insufficiente a coprire la richiesta dei tessuti dell’organismo, come avviene per esempio durante l’esercizio fisico, o nel caso di ischemie e tumori. In condizioni di ipossia, infatti, le cellule si adattano alle condizioni di deficit di ossigeno attivando un programma di variazioni dell’espressione genica iniziata dal fattore di trascrizione indotto da ipossia (HIF-1). Questi nuovi studi rivelano come l’adattamento all’ipossia dipenda dall’attivazione di un processo che serve a inibire la respirazione e a impedire l'utilizzazione del piruvato, il precursore del lattato, da parte dei mitocondri, che rappresentano le centrali energetiche delle cellule. In essi infatti le molecole derivate dai nutrienti sono convertite in energia utilizzabile attraverso la respirazione.“Si tratta, di un meccanismo molto elegante”, ha spiegato Nicholas Denko della Stanford University, coautore di uno dei due articoli. “Le cellule semplicemente chiudono i rubinetti che inviano il combustibile ai mitocondri.”Entrambe le ricerche hanno trovato che le cellule inibiscono la funzione dei mitocondri e il consumo di ossigeno in condizioni di scarsità di ossigeno utilizzando l’enzima piruvato deidrogenasi chinasi 1 (PDK1). Il gruppo di Chi Dang della Johns Hopkins University di Baltimora ha mostrato come in condizioni di ipossia le cellule di topi di laboratorio in cui era presente un deficit di HIF-1 non erano in grado di attivare il PDK1 e andavano incontro ad apoptosi, che seguiva a un drastico calo del livello di specie reattive dell’ossigeno (ROS). L’espressione forzata del PDK1 nelle cellule ipossiche che mancavano di HIF-1 limitava la generazione di radicali liberi tossici e salvava le cellule dalla morte. Il gruppo di Denko, invece, ha dimostrato come nelle cellule tumorali l’HIF-1 sia causa di un calo nell’utilizzazione dell’ossigeno, che dà come risultato un aumento nella disponibilità di questo elemento, causando al contempo una diminuzione della morte cellulare. La connessione con le possibili applicazioni mediche consiste nel fatto che l’attività dell’HIF-1 rende le cellule più resistenti al farmaco antitumorale tirapazamina (TPZ). Per contro, le cellule con un deficit di HIF-1 cresciute in condizioni di ipossia mostrano una maggiore sensibilità alla molecola rispetto alle cellule normali.

Fonte: Le Scienze (09/03/2006)

venerdì 1 aprile 2011

Assignment 4: Social bookmarking

Eccomi qui! Sparisco una settimana e mi ritrovo già indietro di 2 assignments, è arrivata decisamente l'ora di rimettersi a lavoro. Ho deciso di sfruttare questa tranquilla domenica pomeriggio per scoprire insieme il mondo dei bookmarks, un efficacissimo sistema di memorizzazione e catalogazione dei nostri siti internet preferiti, che ci permette di averli sempre a portata di mano.

Cos'è un bookmark?

I Bookmark (che in inglese vuol dire "segnalibro") indicano l'URL di una particolare pagina web.

A cosa servono i bookmark?

I bookmark rendono più veloce la consultazione di siti visitati spesso e evitando che gli utenti dimentichino gli indirizzi.

Ok, ma come funzionano?

Possiamo collezionare e gestire i nostri bookmark in portali appositi, in modo da averli sempre a disposizione a prescindere dal computer dal quale si sta accedendo alla rete. Delicious è un sito web di social bookmarking per l'archiviazione, ricerca e condivisione di bookmark, ma ne esistono molti altri (eccone una lista). Ogni volta che l'utente trova un sito interessante, cliccando sull'icona del bookmark, memorizza la pagina e volendo può segnalarla ai suoi amici, condividendola con loro. Altrettanto gli amici possono segnalare a noi siti che reputano interessanti. Oltre a ciò tutte le volte che i siti memorizzati cambiano, il bookmark permette di mantenerla aggiornata anche sul nostro computer.

Qual è l'utilità di tutto ciò?

Bella domanda. La prima impressione che ho avuto leggendo l'assignment del professore? Più o meno la stessa del mio primo incontro con i feed RSS: "Ma siamo sicuri che servano veramente?". Io mi sono sempre trovata benissimo con l'opzione "Preferiti" di Internet Explorer. Sono una persona molto organizzata, tant'è che ho una quantità industriale di siti internet salvati, tutti accuratamente rinominati con un titolo immediato e comprensibile, e minuziosamente smistati in cartelle, sottocartelle, sottosottocartelle, e via dicendo. Ad esempio, devo consultare quel sito web di istologia che avevo trovato l'anno scorso curiosando in giro? Niente di più semplice: apro la mia finestra dei preferiti, clicco sulla cartella Medicina, apro la cartella Istologia, e lo trovo lì, insieme ad altre pagine. Ma cosa succede se sono a casa di un'amica, voglio farle vedere l'immagine di quel bellissimo vetrino di un epitelio cilindrico semplice che ho trovato per caso su un sito? Beh, se il sito in questione si chiama http://www.istologia.it/ (ho sparato a caso, non so se esiste!), non ho bisogno di particolari artifici tecnologici per ritrovarlo, né di una memoria da elefante. Ma, attenzione!, cosa faccio se il mio sito si chiama http://www.lab.anhb.uwa.edu.au/mb140/ ed è introvabile su Google o qualsiasi altro motore di ricerca? Beh, delicious è senza dubbio la soluzione al mio problema.

Ecco come funziona: basta iscriversi (tra l'altro creando un account su Yahoo! vinciamo anche un nuovo indirizzo e-mail con casella di posta elettronica annessa, che non fa mai male), e possiamo iniziare subito ad importare o ad aggiungere manualmente i nostri bookmarks scrivendo l'indirizzo URL, inserendo un titolo (che spesso è automatico) e dei tags (etichette). Qui accanto ho postato un esempio, per farvi capire la semplicità della cosa (ormai med.unifi è diventato la mia cavia per ogni esperimento informatico).

L'opzione dei tag è davvero utile per ritrovare velocemente le pagine che ci servono, ovviamente se ad ogni sito assegniamo le etichette più congrue e immediate. Come avrete notato, sulla destra è presente il riquadro "All tags" nel quale sono riportati i nomi di tutte le etichette che abbiamo utilizzato. L'evidenza con cui appaiono (carattere più grande, grassetto) è proporzionale al numero di volte che abbiamo utilizzato quel tag. Nel mio caso, neanche a dirlo, i tag più rilevanti sono "medicina", "università", "salute" et similia :)

Allego qui a lato uno screen della mia pagina di delicious (il mio nickname è alemuffin). Chi non ha avuto ancora modo di svolgere l'assignment può curiosare un po' tra i miei bookmarks e farsi un'idea di come funziona, chi invece si è già registrato su delicious può aggiungermi al proprio network e consultare liberamente la mia libreria: possiamo scambiarci i bookmarks o addirittura sottoscriverci ai tag che reputiamo più interessanti (vedi l'immagine a lato per capire come fare), in modo da essere sempre aggiornati sui link aggiunti relativi a quell'argomento.

Io ho scoperto questa funzione grazie a Giorgia alias ciliegina, che è la prima (e per adesso unica) persona che ho aggiunto al mio network. Visto che lo scopo di questo corso di informatica e di questo blog è la condivisione, credo che questo sia un ottimo mezzo per aiutarsi a vicenda, scambiarsi bookmarks come facevamo da piccoli con le figurine, ampliare i nostri orizzonti e tenerci sempre aggiornati sul mondo che ci circonda. Ringrazio quindi il professore per il suo post illuminante e per darci sempre nuove idee per destreggiarsi al meglio in questa giungla che è il web (non a caso, "ragnatela"). E' sempre un piacere imparare cose nuove e, devo ammetterlo, utilissime!

Alla prossima ;)